CUCINA ITALIANA

Valle d'Aosta

Terra di valli, pascoli e foreste dominata da picchi perennemente innevati. Questo è il paesaggio della Valle d'Aosta una delle regioni più particolari ed affascinanti della penisola, definita da un antico proverbio come "un paradiso per gli uomini, un purgatorio per le donne ed un inferno per i muli". Dominata nell'antichità dal popolo dei Salassi, venne successivamente colonizzata dai Romani che costruirono strade, ponti ed acquedotti e fondarono la città di Aosta. Oggi la Valle presenta ai suoi numerosi turisti due volti: quello della natura incontaminata e quello della progressiva urbanizzazione di alcune sue zone, nel tentativo, sempre più difficile da sostenere ma fino ad ora riuscito, di coniugare felicemente il progresso con la salvaguardia dell'ambiente.

La fontina

Le caratteristiche della tradizione gastronomica valligiana sono determinate dall' aspetto morfologico di questa terra. La splendida e per lungo tempo inaccessibile catena alpina ha isolato per secoli la Valle, provocando lo sviluppo di un cucina basata quasi esclusivamente su prodotti locali. Le dure condizioni di vita spiegano poi la ricchezza del cibo, necessaria a scaldare e sostenere il corpo spesso alle prese con temperature rigide e pendii scoscesi. L'economia tradizionale è basata su un'agricoltura di sussistenza e sulla produzione dei latticini, che nella cucina valligiana ricoprono un ruolo importantissimo. Proprio dal largo uso che si fa del formaggio nasce il famoso detto valligiano che ricorda le tre virtù del formaggio fresco: toglie la fame, fa sparire la sete e pulisce i denti. Ricordiamo gli splendidi sapori della panna, del burro, delle deliziose tome, delle robiole e soprattutto della fontina, il formaggio di latte vaccino intero, dal sapore delicato o piccante a seconda del periodo di stagionatura, assurto a simbolo dell'intera regione. La formula di preparazione della fontina è notevolmente antica. La sua prima documentazione ufficiale risale al 1480, quando la sua forma viene ritratta in un affresco del castello di Issogne assieme ad altri prodotti tipici della valle. Il nome poi si diffuse a partire dal 1717, da quando cioé la parola 'fontina' venne annotata su un registro dell'ospizio del Gran San Bernardo. Il termine potrebbe derivare da Fontin, un alpeggio nel comune di Quart, o dal verbo fondere, che ben si adatterebbe con la regola di preparazione di questo squisito prodotto. Troviamo la fontina in tutti i principali piatti della tradizione valligiana: la fonduta, le zuppe, gli gnocchi e le costolette alla valdostana. Altri alimenti base della cucina della valle sono l'immancabile polenta; il pane scuro, di farina di frumento e segale, dalla eccezionale durata, usato soprattutto per essere ammorbidito da brodi, latte od intingoli; la castagna, con la quale anticamente si faceva anche il pane; il lardo di Arnad, servito aromatizzato con il rosmarino su pane nero o polenta abbrustolita; le carni salate ed essiccate, come i cosci del camoscio ( la "mocetta") e dello stambecco. Diffusi anche gli insaccati, specialmente di maiale, come le saucisses, salsiccette di porco e manzo ed il boudin , una specie di budino nero composto di sangue di maiale, patate, lardo e spezie.

Il menù valligiano

Nominare i piatti della cucina valdostana significa intraprendere un viaggio attraverso la storia stessa di quella che viene definita abitualmente la cucina 'povera' di montagna. Il nostro veloce excursus sulle prelibatezze della tavola valligiana non può che partire dalla zuppa valpellinentze, a base di cavolo, verza, fontina e sostenuta da pane raffermo di segale. Piatto robusto e dal sapore sorprendente, viene variato nel periodo invernale con l'ancora più sostanziosa minestra di castagne, dal gusto assolutamente inconfondibile. Altre prime portate tipiche sono il risotto alla valdostana, dove la fontina si sposa alla perfezione con la consistenza del riso e gli gnocchi alla bava, con la fontina ancora protagonista, questa volta tagliata a fettine sugli gnocchi. La fontina trova la sua apoteosi nella fonduta, obbligatoria da assaggiare per chi si trova a trascorrere un periodo di vacanze o anche semplicemente a transitare per la Valle d'Aosta.

La polenta rimane tutt'oggi un piatto insostituibile nella dieta dei valligiani. Curioso pensare che solo dopo la metà del Settecento si iniziò a coltivare il mais nella zona: nei decenni successivi la polenta di granturco, condita con burro, fontina, carne ed intingoli, si impose come il nutrimento più importante, spesso l'unico per i pastori che rimanevano nelle baite per quasi tutto l'inverno. Nel Gressoney sopravvive tutt'oggi l'uso della cosiddetta polenta grassa, ovvero arricchita con burro e formaggio. Tra i piatti di mezzo il più diffuso è la carbonade, semplice ed essenziale ma di notevole personalità: si tratta del tipico ragù di carne salata addolcita nel corso della cottura da una notevole dose di cipolla trita e da abbondante vino rosso. Il nome particolare, che richiama il carbone, deriva dall'intingolo che si presenta effettivamente di colore quasi nero. Ricordiamo anche il grostl, sorta di spezzatino arricchito con erba cipollina e patate, ed il reblèque, formaggio morbido che si consuma con cannella e zucchero. Impossibile prescindere dalle costolette alla valdostana, fette di carré di vitello imbottite con fontina e tartufo bianco e cotte in abbondante burro. Da non dimenticare nemmeno il coniglio alla valligiana e la cotoletta di vitello alla valdostana, passata nell'uovo e nel pane grattugiato, fritta nel burro e successivamente infornata sotto una generosa copertura di fontina. Per andare su pietanze più forti, merita più di un assaggio l'abbondante cacciagione, spesso proposta in civet; come la carne di capriolo e di camoscio marinata a pezzi nel vino in compagnia di verdure e vivacizzata durante la cottura con uno spruzzo di grappa.

I dolci

Di grande effetto e sostanza i dolci ed i desserts della tradizione valdostana. Ricordiamo il blanc manger, a base di panna, zucchero e colla di pesce, ed il famoso mont blanc, deliziosa montagnola di castagne lessate unite a zucchero, cacao, latte e rum e ricoperte di panna montata. Tra le leccornie di fine pasto anche le pere martin sech al forno, elaborate con zucchero, cannella, noce moscata, chiodi di garofano e vino rosso. E poi ancora dolci a base di mele e pangrattato, mirtilli e formaggio fresco. Innumerevoli i tipi di crostate.

Per accompagnare la digestione nelle baite della Valle d'Aosta è diffuso il genepì , caratteristico liquore prodotto da una pianticella denominata Artemisia spicata. L'erba viene fatta essiccare con altri aromi , infusa nell'alcool e lasciata invecchiare per almeno un anno e mezzo. Se ne ottiene un liquore ottimo non solo come digestivo ma anche come corroborante utilissimo dopo le escursioni sulla neve.

I vini

La Valle d'Aosta ha una tradizione vinicola piuttosto antica, anche se inevitabilmente le quantità prodotte non possono competere con quelle di altre regioni italiane. Le uve più diffuse nella regione sono Nebbiolo, Blanc de Morgex, Gamay, Petit Rouge. Prevalgono i rossi, ma si producono anche dei bianchi secchi dal bouquet intenso. Il "Valle d'Aosta" è segnalato come vino Doc. Da ricordare la tradizione tipicamente valligiana della 'grolla', uno speciale recipiente di legno scolpito, munito di beccucci che funge da bottiglia o da bicchiere. Oltre che per il vino viene usato a fine pasto per una miscela bollente di caffè, grappa, vino rosso, buccia di limone e spezie. Ai beccucci della grolla si beve tutti insieme, nel rispetto della tradizione valdostana secondo la quale 'chi beve solo si strozza'.

back

cucina italiana

home